Scoagulazione bene, antiaggregazione, purché precoce, meglio!
Lettera aperta al Direttore
Caro Luca,
scusami se uso il tu, in fondo, quando parliamo, ci si da’ sempre del tu, no?
Concordo che i DPI/PPE, siano solo una parte del problema.
Quando menzioni che la gestione debba essere a 360° con me sfondi una porta aperta: te lo sottoscrivo senza riserve.
Sui tentennamenti che coinvolgono in prima persona anche l’OMS (“WHO”) non ci dilunghiamo ma sappiamo: ricordo che quando si presero una decina di giorni di tempo per abbassare l’asticella del livello d’allarme già dissi a mia moglie che era una stupidaggine (usai un termine diverso) madornale e andammo a fare provviste alimentari. Mascherine già più non ce n’erano.
Brevemente ritornerei alla questione dei 360°.
Se DPI pochi ce n’è pochi ce n’è. E non è una questione di danaro:
il 50% li avevano i cinesi e li hanno usati. Aggiungo che lo hanna fatto pure molto bene; ma se lo potevano permettere.
Soluzioni a costo zero.
1) trasferte intraospedaliere nei passaggi riservati.
Ci transitiamo tutti. Anche i letti che trasportano i pz Covid.
Finestre “chiusissime”: ma non siamo mica in un sommergibile!
Mandare uno ad arieggiare è possibile?
2) US team (Ultra Sound Team) Cosa intendo. I tamponi, come ricordi, per vari motivi, test in sé, bias inter-operatore (per es “ENT” – l’Otorino – “does it better”), tipo di somministrazione (nasale vs faringea), non consentono di fare completo affidamento anche su campioni ripetuti. Lì interviene il giudizio clinico.
L’ECOgrafia sarebbe l’Uovo di Colombo ideale per integrare quel “nefastissimo” 30% di falsi negativi. Chiediamolo al Dr Brave Iron cosa ne pensa, lui che ha finalmente per le mani una donazione da €20.000 per acquistare un nuovo ecografo. Ma Brave serve a gestire i pazienti critici come solo quelli come lui sanno fare. Come nessuno di noi può improvvisarsi. Dice Gattinoni” (non lo stilista, l’altro, Luciano, quello intensivista):
“La professione medica:
paranoica attenzione ai dettagli da parte di persone che lo sappiano fare”…
“la terapia intensiva non si fa con un letto e un respiratore”
“non sono cose che si improvvisano in due settimane”
Concetti da “posterizzare” lungo le pareti del presidio, ma, soprattutto, da far sostituire, nelle menti che gestiscono questa emergenza, a quel, rabbrividente, irriverente e semprevivo “insieme ce la faremo” tanto caro ai super vertici aziendali e di cui noi operatori sanitari non sappiamo onestamente che farcene.
Ecco: semplicemente, così non ci siamo.
Proseguo col punto 2.
US Team. Ultra-Sound Team. Una squadra di due medici (devono essere due, come ho qui scritto dettagliatamente il 9 aprile nel post dedicato alla diagnostica precoce) e magari un infermiere che con un bell’ecografo a rotelle integrino la diagnostica su tutti i falsi negativi ricoverati nei reparti, consentimelo, “non puliti”: per uno screening possono essere sufficienti 5 minuti.
Chi sono questi medici. Non necessariamente intensivisti, e nemmeno radiologi. Se sai un po’ maneggiare un ecografo, qui sì che apprendere come riconoscere le strie B non richiede i medesimi tempi necessari per diventare esperti con i sempre meno prioritari dispositivi invasivi e la gestione clinica iperspecialistica che essi comportano (vedi citazioni di Luciano Gattinoni), certamente al di là delle competenze dei molti pur eccellenti internisti: “a ognuno l’arte sua.”
Cioè, lo può fare anche il Dr Ronzinantes, che ieri e avantieri aveva in reparto 4 pazienti e ha fatto un’unica consulenza in PS. Capita.
Lo farei quindi anche io, purché dotato di adeguati dispositivi di protezione col presupposto che che ogni malato con cui si entri in contatto possa essere contagioso (oltre che contagiabile).
3) trial con Aspirina. Si fa?
Illustrato in dettaglio nell articolo Covid-19: Could Aspirin Be of Any Help in the Initial Stage?,”pre-submitted” a The Lancet ma disponibile e scaricabile online.
Che lo pubblichino o no poco importa (preferirei la prima!), se poi tutti gli uomini di buona volontà (come ho scritto poco fa a Felix Lux) già possono raccogliere l‘idea.
https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3575303
Ora che si parla tanto di Eparina, vorrai vedere che alcuni tra noi medici, fidandosi della credenza che una volta introdotta la profilassi per DVT, con Ivor o Clexane (giusto per citarne due molto gettonati) decida di sospendere ASA & Co ai vasculopatici cardiaci e neurologici?
Oppure li dovremmo scoagulare tutti?
Perché se scoagulare può essere bene, antiaggregare, perlomeno in fase precoce, a casa mia, è decisamente meglio!
L’antiaggregazione avrebbe ovviamente un suo razionale, una logica terapeutica, solo quando, i buoi, come si suole dire, non fossero ancora scappati dalla stalla.
E questo scenario, lo sospetto, è più frequente di quanto non si creda (e speri).
Quindi, oltre ai DPI:
1) le apriamo un po’ queste finestre per arieggiare i lunghissimi passaggi interni sopraelevati del nostro ospedale?
2) Lo consideriamo di costituire un “US team“, o no per ridurre il rischio clinico dei falsi negativi?
3) E un trial con Aspirina in fase precoce subclinica o paucisintomatica di Covid-19, un progetto pilota?
Inclusa l’opzione di andare a ricontrollare sin da ora, in quest’ottica, le cartelle di quelli che sono stati o sono ancora ricoverati e vedere se retrospettivamente/in itinere già si possano ricavare informazioni epidemiologiche cliniche utili a questo fine?

“Il Porcetto si Mangia in Due: Michelino e il Porcetto”
Michelino Gutierrez da bonorva (ricordava mio padre)