Riporta il Dr Luciano Gattinoni, Rianimatore d’eccellenza indiscussa, Professore Emerito all’Università di Göttingen (Germania), testimonianze dirette di colleghi, “case reports”, e sintetizza:
“Credo che i maggiori problemi avvengano a livello vascolare. Diversi colleghi, infatti, mi stanno informando della presenza di moltissime cellule endoteliali nel sangue”.
“Normalmente, nelle insufficienze respiratorie acute che noi classifichiamo come ARDS, la bassa compliance polmonare si associa all’ipossia”.
“Questi pazienti, nella fase iniziale della malattia, sono caratterizzati da una straordinaria dissociazione tra la quantità di gas all’interno dei polmoni, cioè l’elasticità polmonare e l’ipossiemia arteriosa. Quasi mai visto in 40 anni”.
“A possible explanation for such severe hypoxemia occurring in compliant lungs is the loss of lung perfusion regulation and hypoxic vasoconstriction“, scrive su ATS Journal (dell’American Thoracic Society). Titolo di sintesi:
“Covid-19 Does Not Lead to a “Typical” Acute Respiratory
Distress Syndrome”
Azzardo una sintesi per tutti noi e per i non medici:
Il polmone ventila, e gli alveoli inizialmente sono pieni di ossigeno che però non passa nel sangue.

Nel sangue infatti sono presenti le cellule endoteliali che si sono staccate dalla parete dei vasi arteriosi, anche nei piccoli vasi, che sino agli interstizi alveolari provvedono a irrorare gli stessi polmoni.
Successivamente, attraverso le vene polmonari, il sangue ossigenato giunge al cuore e viene distribuito all’intero organismo.
(da qui in poi proseguo integrando con un mio personale contributo)
Le cellule endoteliali interagiscono con gli “altri abitanti” che, insieme a globuli rossi (le cellule che trasportano l’ossigeno) & Co, sono numerosissimi nel sangue:
le piastrine
Insomma, per deformazione professionale personale, da neurologo, noto che, in questa “interstiziopatia” infettiva da Covid-19, vengono descritti meccanismi fisiopatologici condivisibili con una patologia a me invece molto più familiare:
l’ischemia cerebrale
ove, sono sempre cellule endoteliali quelle che staccatesi dalle pareti arteriose o arteriolari danneggiate, nel tentativo di riparazione dell’organismo, scatenano invece l’aggregazione principalmente di piastrine, fibrina e globuli rossi determinando la formazione di trombi.

Questi ultimi determinano così l’ischemia dell’organo colpito quando ne occludono le arterie di piccolo calibro: cioè ne bloccano l’ossigenazione.
Ne compromettono la funzione vitale.
Vale per l’ischemia cerebrale, vale per quella cardiaca e, non escludo, anche per quelli che definirei:
“TIA polmonari”.
L’Aspirina non è certamente in grado di sciogliere un trombo arterioso: per ottenere questo vengono utilizzati gli anticoagulanti;
anche quando molte funzioni d’organo, come, per es. in un paziente critico con embolia polmonare, potrebbero essere già compromesse.
Stessa considerazione valga per la polmonite da Covid-19.
Se il danno è avanzato recuperare la funzione sarà sempre più problematico.
Desidero perciò precisare da subito che le considerazioni qui espresse sul potenziale beneficio dell’ASA sono esclusivamente teoriche (ovvero necessiterebbero di una conferma da sperimentazione clinica) e attengono strettamente allo stadio iniziale, potenzialmente anche reversibile, dell’infezione da Covid-19.
L’Aspirina (ASA) ha un razionale ben differente:
viene solamente utilizzata per la cosiddetta profilassi secondaria.
Non serve per curare ma viene utilizzata esclusivamente come antiaggregante: per prevenire l’aggregazione piastrinica tra cellule e componenti ematiche, scatenata, dopo il danno della parete arteriosa, dalle cellule endoteliali in circolo;
previene la formazione di coaguli, di trombi, che occludano le arterie, a partire da quelle di minor calibro (parliamo di frazioni di millimetro).
L’ASA è indicata dopo un episodio ischemico transitorio o anche dopo un’ischemia cerebrale con esiti funzionali gravi, ma serve comunque per ridurre il rischio di ulteriori ischemie: il rischio del peggio.
Potrebbe valere anche per i capillari alveolari polmonari:
a) quando l’individuo contagiato sta ancora bene perché, essendo la funzione del mantice polmonare ancora conservata, riesce comunque a far arrivare ossigeno sufficiente agli organi;
b) quando non vi è ancora generale compromissione sistemica che possa addirittura controindicarne l’utilizzo.
c) prima che, si debba, eventualmente ricorrere agli anticoagulanti: cioè quando il polmone potrebbe essere già ampiamente compromesso.
Il Professor Gattinoni correttamente ragiona di “vasocostrizione” ma, menzionando la presenza di cellule endoteliali, è conseguenza altrettanto logica considerare i fenomeni trombotici arteriosi correlati.
Anteprima(si apre in una nuova scheda)
Sono certo che i malati ricoverati in Rianimazione, essendo immobilizzati a letto, vengono tutti sottoposti perlomeno alla profilassi antitrombotica venosa con Eparina a Basso Peso Molecolare:
che però non previene le trombosi arteriose, sia chiaro.
L’ideale sarebbe utilizzare l’Aspirina prima che comparissero segni respiratori-polmonari, evitando di ricorrere agli anticoagulanti orali, nei casi gravi, sulla base dei valori di D-dimero, come suggerito dai cinesi, piuttosto che sulla base di un approccio clinico onnicomprensivo.
In sintesi
considerare la profilassi antitrombotica precoce con Aspirina non appena confermata la diagnosi, incluso il sospetto clinico, per provare ad arginare la cascata di eventi che negli individui meno fortunati richiederà procedure invasive rianimatorie (intubazione e ventilazione assistita); le quali sappiamo essere gravate da una percentuale di insuccesso molto alta.

Non sembra vi siano sperimentazione in corso relativi a profilassi antitrombotica con l’antiaggregante ASA (“Cardioaspirin”) nei soggetti positivi al tampone o clinicamente sospetti di infezione da Covid-19.
Forse ne varrebbe la pena?
Professore, lei cosa ne pensa?
“Io la prendo… ma dimostrarne l’efficacia è un ben diverso problema”
Luciano Gattinoni
[…] l’ipotesi (pubblicata su questo blog l’11 aprile scorso) credetti che valesse la pena confermarla o smentirla […]
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