Captain: Who’s Driving the Ship?

“The Remote Control

“Storia con la Bocca” e Dialogo con mio figlio di 10 anni

Una volta tanti anni fa, negli Stati Uniti, conobbi il comandante di una nave da crociera: era un italiano molto spiritoso, un veneziano. Si chiamava Marco.
All’inizio del viaggio lui usava presentare gli ufficiali sul palcoscenico del teatro di bordo e immancabilmente qualcuno dal pubblico gli gridava:
“Ehi, Comandante, chi è che sta pilotando la nave?
C’è il telecomando!” Rispondeva il Comandante con impeccabile tempismo.
Fragorosa la risata del pubblico di passeggeri…

Sì, buffissimo Babbo. (risatina)
Senti, a proposito, ma:
chi è il comandante del Covid-19 in Italia, Babbo?

E’ il Commissario Straordinario che è stato nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri col Decreto Straordinario del 17 marzo 2020 e denominato proprio: “Cura Italia”.

E cosa è esattamente un Commissario Straordinario?

Un Commissario straordinario è il Comandante in Capo assoluto. E’ quello che nel caso del Coronavirus decide “per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19”

Scusa Babbo, ma allora è un Dottore come te?

No, caro, non proprio…

Allora è un epiepi

Vuoi dire Epidemiologo? No, nemmeno quello. Si chiama Domenico Arcuri.

E Domenico Arcuri, chi è allora? Che cosa fa nella vita?

Figliolo, è un discorso lungo e complicato. Proverò a spiegartelo.
Domenico Arcuri nella vita è l’Amministratore Delegato di una società di affari, di un gruppo di persone influenti. E l’amministratore Delegato di
Invitalia.

Cosa è un Amministratore Delegato, Babbo? E Invitalia cosa è? Fa forse parte dello Stato?

Al tempo, caro.
Un Amministratore Delegato è come un Comandante in Capo. In passato questo signore era stato un manager dello stato, un manager pubblico all’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Successivamente è passato a Invitalia dove recentemente è stato confermato amministratore delegato. Lui è dunque il nuovo
Super Commissario, come dicevano in TV alla RAI, “per la gestione della lotta al Coronavirus”.

Super? Babbo! Un po’ come Superman?

(Per il link sorgente cliccare sulla foto)

Più o meno.
Infatti “Super” in latino significa “sopra”. Diciamo che il Sig. Arcuri è sopra di tutti.
Non lascerà infatti nemmeno l’incarico presso Invitalia perché il gruppo che lui comanda
“avrà un ruolo strategico per il rafforzamento della produzione, la distribuzione di attrezzature per terapia intensiva, potendo anche impiantare nuovi stabilimenti di produzione”.

E di Invitalia che mi dici?

Invitalia è, come descritto nel loro sito web, “the National Agency for Inward Investment and Economic Development”.
Invitalia è cioè un’organizzazione di privati con elevata disponibilità finanziaria: di danaro. Queste persone investono i loro capitali principalmente nel settore delle cosiddette
Joint Ventures. No, mio caro, Invitalia non fa parte dello Stato.
Anche se investe nello Stato: e lo fa insieme allo Stato o per conto dello Stato.

Cioè, cosa significa, Babbo?

Ebbene, investendo i suoi capitali e soprattutto quelli dello Stato, Invitalia partecipa insieme allo Stato alle politiche di sviluppo del nostro paese. Lo aiuta finanziariamente ad utilizzare meglio le proprie risorse, anche se per questo, a dire il vero, esisterebbero già i ministeri preposti.
Insomma: Invitalia collabora con lo Stato a realizzare i servizi per i cittadini. Si può trattare di gestire i soldi dello stato per finanziare attività imprenditoriali (le cosiddette Start Up). Questa compagnia potrebbe intervenire nelle finanze dello Stato per migliorare le telecomunicazioni, la ricerca, le tecnologie in generale e le infrastrutture, incluse le autostrade e gli stessi ospedali

Quindi anche per il Coronavirus, Babbo?

Sì certamente: anche per il Coronavirus.

E in questo caso, cosa ci guadagnerebbe Invitalia, Babbo?

Beh, la retribuzione che spetta agli intermediari, o, se partecipassero in prima persona, la differenza tra i guadagni e i costi che hanno dovuto affrontare.
Lo Stato li usa per pagare gli stipendi, le pensioni, l’istruzione, la difesa, le cure dei malati: cioè, per fare andare avanti il paese.
Queste Compagnie private curano ovviamente i loro interessi: in parte traggono il loro profitto dagli interessi, oppure investono il ricavato nuovamente e così riescono, se sono abili, a far lievitare il capitale di partenza: diventano più ricche e più influenti. Provvedono anche ai propri stipendi, alle loro buonuscite e integrano le loro pensioni!

E le Joint Venture?

Corri troppo, figlio mio! Lasciamo che sia lo stesso Commissario a spiegarcelo proprio con le sue parole (pronunciate a Milano nel novembre del 2015, intervenendo all’incontro Venture Up, organizzato dall’AIFI – associazione italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt e Fondo Italiano di Investimento )

“In Italia ci vuole più Stato e più Mercato”

Ecco questo è più o meno il significato di Joint Venture.
Suona come una specie di ossimoro. Semmai questo però te lo spiego più tardi.

Va bene, Babbo.

Allora continuo sulle Joint Venture. Per esempio, anche qui in Toscana, tra il 2010 e il 2014 vennero costruiti quattro ospedali pubblici (così sta scritto sul loro opuscolo informativo) col sistema della Joint Venture. Gli ospedali di Prato, Pistoia, Lucca e delle Apuane. Bellissimi! Scrivono sull’opuscolo che: “l’ospedale che abbiamo conosciuto sta cambiando profondamente e velocemente, sono cambiate le caratteristiche culturali (non saprei esattamente cosa si intenda qui per cultura, perché io sono rimasto fermo a Aaron Swartz) e di gestione che ne sono alla base… le aree di degenza, per esempio, non sono più divise rigidamente per specialità ma sono invece impostate per intensità di cura e gli spazi dedicati ad esse necessitano, conseguentemente, di modificazioni strutturali”.

Come si sta facendo ora in tutti gli ospedali per via del Coronavirus?

Sì, più o meno così. I reparti sono stati trasformati per ospitare e assistere il maggior numero di cittadini che vengono contagiati da questo virus.
Se ti interessa continuo con quello che ti stavo raccontando, sempre che non ti stia annoiando, ovviamente?

Certo che no, Babbo. Mi piacciono le tue storie.

Ebbene, I costruttori, i Pizzarotti

Che cognome buffo! (ride)

dicevo, i Pizzarotti, nominalmente per contratto il “Concessionario” (S.A.T.), avrebbero dovuto finanziare circa la metà delle opere, mentre lo Stato la restante: cioè ognuno avrebbe contribuito per il 50%.
In teoria: perché poi, in pratica, il contributo dello Stato pare fosse di circa l’82% e quello dei Pizzarotti del 18%.

Come sarebbe, Babbo?

Perché, figliolo, sembra che poi lo Stato abbia deciso di accollarsi un’ulteriore parte del costo di questa Joint Venture; pur sapendo che alla fine la porzione di proprietà dello Stato insieme al SSN sarebbe rimasta pressoché la stessa: intorno al 53% anziché dell’82% atteso.
Che poi il 13,46% delle quote spese fosse a carico del SNN non è rilevante perché poi, tutto finisce comunque col gravare sul bilancio dello Stato.

Mamma mia che acrobazie, Babbo!

Eh, sì: davvero tutto così “acrobatico!” (ridacchiano entrambi)

E cosa ci guadagnavano dei costruttori privati a spendere per realizzare questi ospedali se già sapevano che poi sarebbero stati destinati a essere pubblici?

Ebbene, sulla base dell’accordo che sottoscrissero, che viene abbreviato con la sigla PF – Project Financing(significa “finanza di progetto”: cioè “uno strumento innovativo di finanziamento (molto) pubblico-(meno) privato che consente di coinvolgere capitali pubblici (molti) e privati (meno) nella realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità”) i due “finanziatori”, ovvero lo Stato e il Concessionario (la S.A.T. dei Pizzarotti), si misero d’accordo che una volta in funzione, lo Stato avrebbe provveduto alle cosiddette risorse umane (per es. il personale che assiste i malati), mentre il Concessionario privato, per 19 anni, avrebbe avuto in gestione i restanti servizi dell’ospedale: cioè la parte non medica (per es. manutenzione, macchinari apparecchiature, servizi commerciali etc).

Ma Babbo, in che modo si può guadagnare da tutto ciò? E quanto?

Figlio mio, fai troppe domande difficili!
Provo a risponderti meglio che riesco. Lo Stato ci “guadagna” perché provvedendo alla salute di tutti noi, se le cure sono migliori, risparmia prevenendo le malattie dei cittadini; e tenendo i lavoratori in buona salute poi riduce le sue spese nel tempo di anni.
Le Compagnie private invece guadagnano secondo la logica di mercato che acquista e rivende prodotti. In questo caso li vende ai cittadini e pure al Servizio Sanitario Nazionale: praticamente allo Stato con cui ha costruito gli ospedali. Nel caso specifico di questi quattro ospedali il profitto stimato per 19 anni era di 1 miliardo e 200 milione di Euro*!
(*Daniele Rovai, autore del volume La nuova sanità toscana. I 4 nuovi ospedali toscani e la legge truffa del project financing, 2013).
Pensa, che in altre realtà, per esempio quella britannica, alcuni anni fa, lo Stato centrale del Regno Unito, cioè i sudditi di Sua Maestà la Regina, si trovò a dover corrispondere un salatissimo affitto per utilizzare uno degli ospedali nei quali erogava assistenza ai cittadini attraverso il suo SSN pubblico (che nel Regno Unito si chiama NHS): semplicemente perché l’edifico non apparteneva all’NHS ma a una compagnia di privati: la Innsfree Ltd (dopo ti dirò qualcosa in più su questa compagnia).
Inoltre, l’NHS aveva assunto ulteriori impegni con un’altra compagnia privata. Infatti, per sostituire le apparecchiature non poteva acquistarle direttamente dal produttore ma dalla stessa società che gestiva l’ospedale pubblico (la UME: United Medical Enterprise) che faceva da intermediaria, da Concessionaria (un po’ come la S.A.T. dei quattro ospedali del Nord Toscana): qualsiasi attività in quell’ospedale, all’NHS veniva a costare inevitabilmente di più. La UME, con un ulteriore accordo da 10 milioni di sterline, tra le altre cose, provvedeva alla fornitura e manutenzione delle nuove apparecchiature per 30 anni attraverso il suo fornitore: la General Electrics. A pagare, questo intermediario, lo ripeto, era il Servizio Sanitario Nazionale Britannico, cioè i sudditi di Sua Maestà la Regina Elisabetta II. Alla fine, il South London Healthcare NHS Trust (questo era il nome della “ASL inglese”) venne dapprima commissariato, nel 2012, e poi sciolto, nel 2013. In quel caso, si trattava del Princess Royal University Hospital, PRUH, di Bromley, che venne così acquisito dal suo attuale Trust: il King’s College NHS Trust di Londra.

Ma Babbo, non è quel posto dove lavoravi tu tanti anni fa? Quello dove se volevi piantare un gancetto nel muro per appendere una lavagnetta eri costretto a chiamare una squadra di operai mandata dai proprietari dell’ospedale che finiva col costare qualche centinaia di Sterline?

Sì, figlio mio, proprio quello.
Pensa, che 2 anni dopo che noi tornammo in Italia, nel 2013, quella “ASL inglese”, il South London Healthcare NHS Trust, era così indebitata, per circa 420 milioni di Sterline, e per oltre 1 milione di Sterline alla settimana, che, il Governo Britannico fu costretto a chiuderla per bancarotta: era praticamente la prima volta nella storia dell’NHS che una ASL inglese andava in fallimento.
Ma non finisce qui: i contribuenti britannici dovranno pure pagare un ulteriore debito di 1 miliardo e 200 milioni di Sterline ai proprietari della PFI, spalmato in un periodo di 60 anni! Il proprietario del PRUH, come ti avevo detto, è Innsfree Ltd, una Compagnia PFI fondata nel 1995 da David Metter, “il Re delle PFI“, che, a proposito, “è il più grande investor negli ospedali dell’NHS”
Questo era, a quanto pare, anche il primo esperimento di Joint Venture, per loro.
Con la differenza che nel Regno Unito si chiamava PFI ma la P stava per “Private”, cioè Privato, mentre qui da noi, meno male, la P significa “Project”.

Però a me sembra un po’ la stessa cosa Babbo, vero?

Sembra proprio così anche a me, figlio mio…

“Private Finance Initiatives have proved to be “a long-term millstone around the neck of the NHS” (Canadian Medical Association Journal, Oct 21, 2008)

E adesso cosa succederà?

Devi sapere che l’accordo prevedeva una gestione del Concessionario per 19 anni. Ma nel mentre la Pizzarotti Costruzioni si è associata con il più grosso gruppo italiano di costruzioni, la Impregilo, e insieme, a gennaio di quest’anno hanno aperto un cantiere ferroviario in Norvegia!

Cioè, Babbo, dove passano i treni?


Sì: binari, ponti, tunnel stazioni etc. Insomma, quelle cose lì.
E certo che di lavori da fare in Italia, se non fosse scoppiata questa terribile pandemia, ce ne sarebbero stati eccome. Pensa che, dopo il crollo del ponte autostradale di Genova, il Ponte Morandi, sono stati controllati gli altri tratti delle autostrade italiane e si è visto che erano necessari molti lavori di manutenzione. Ma ora tutto rimarrà ancora bloccato per un bel po’. Comunque, costruire una ferrovia deve essere senz’altro molto impegnativo, e quindi non mi meraviglio se questi costruttori, questi
Concessionari, hanno ceduto prima della scadenza del contratto, quasi per intero, la quota degli ospedali che gli apparteneva a un’altra società che opera nel settore della sanità privata, la Equitix. E hanno così rinunciato agli ulteriori profitti in cambio del ricavato per la vendita: dopotutto hanno ceduto una metà per la quale avrebbero investito solo il 18%! Comunque sia un affarone, no?

Ma questa Equitix possiede anche cavalli? Sai il nome me lo ricorda.

Se possiedano cavalli proprio non lo so. Certamente si interessano di Sanità. Anche loro investono capitali, è così che creano lavoro e, se investono in modo intelligente traggono il loro profitto, un po’ come la Invitalia di Arcuri.
In realtà la Equitix fa riferimento a un gruppo europeo che si chiama
Private Equity Europe e Private Equity Europe a sua volta ha radici, pensa un po’, in America. In America si ricollega a un’altra compagnia “leader nel settore dell’investimento privato globale” cioè dell’intero pianeta che si chiama TPG.

Anche Private Equity Europe ha un suo Amministratore Delegato. Pure lui italiano, sai! Dopotutto siamo famosi nel mondo per i nostri cervelli. Ecco, il cervello di Private Equity si chiama Vincenzo Morelli.
E’ molto, ma molto intelligente: ha due lauree. Una in filosofia a Oxford in Inghilterra, l’altra in economia a Stanford negli Stati Uniti: due tra le più prestigiose università al mondo! E poi è anche un benefattore perché è pure membro del “Board per l’Oxfam’s Enterprise Development Programme“. E l’Oxfam è infatti una organizzazione basata sulla filantropia: cioè un gruppo di benefattori che perseguono l’obbiettivo di combattere la povertà. Quel che si dice il bene degli altri: “il potere della gente contro la povertà” è il loro slogan.

Come Aaron Swartz, Babbo?

Più o meno figliolo. Più o meno…
Il Sig. Morelli è ora Chief Executive Officer della Fantuzzi Industries SARL (la Holding dei macchinari industriali di Reggio Emilia, già officine dell’industria ferroviaria, aeronautica e di macchinari agricoli) and Chairman (significa “uomo-sedia”, buffo no?) alla TeamSystem Holding SpA ma anche Chairman (sempre “uomo sedia”) della Harley Street Medical Centre di Londra. E’ anche stato “Partner Emeritus” di TPG tra il 2012 e il 2013 su nomina della General Assembly dell’European Private Equity and Venture Capital Association (EVCA) di cui era pure stato direttore dal 2010. Ma prima ancora, era stato “Operating Partner” di TPG Capital Europe dal 2005 sino al 2012 e aveva gestito la “corporate governance e il riassetto strategico del portfolio delle compagnie di TPG Europa“.

Accipicchia, Babbo, questo signore ha un sacco di posti dove andare a sedersi!

Senza dubbio, figliolo, senza dubbio. Pensa che, sempre lui, nel 2019 è stato pure direttore della United Medical Enterprise: cioè la stessa compagnia che gestiva le apparecchiature al PRUH di Bromley. Insomma, si potrebbe dire che sia un esperto di finanza dei sistemi sanitari! E quando era più giovane, è stato amministratore delegato anche della General Electrics. Cioè la stessa compagnia che forniva i macchinari all’ospedale di Bromley.

Però, Babbo! Ma qui siamo in Italia, e tu mi stai raccontando una storia di scatole cinesi! Lo sai che a me piacciono le “storie con la bocca”, Topolino, le Lego e il calciobalilla!

E già. Figliolo, hai proprio ragione non ci avevo pensato! (entrambi ridono)

Senti, Babbo, ora che mi hai spiegato tutte queste cose, un’altra domanda per te ce l’avrei.

E quale figliolo?

Ma se il Sig. Arcuri è una specie di “mercante”, di “banchiere”, quel che è, si intende anche di Coronavirus?

Santo cielo, Cucciolo. Non ci avevo pensato ma sarei tentato di dire proprio di no.
Credo che però, con questa emergenza sanitaria mondiale, lo Stato dovrà affrontare molte spese, decine di miliardi di euro, e allora quando lo Stato si trova ad utilizzare le proprio risorse economiche, giustamente si affida a un esperto per evitare di sperperare i propri soldi.

Capisco Babbo. E’ come se lo Stato fosse Zio Paperone e lui decidesse di affidare i soldi a una banca per decidere come spenderli e nel mentre proteggerli dalla Banda Bassotti?

In un certo senso è proprio così.

Soltanto, Babbo, io penso questo.

Cosa?

Che lo Zio Paperone i soldi a una banca non li affiderebbe mai: lui li terrebbe sempre nel suo deposito e deciderebbe lui quanti spenderne e come.

Accipicchia: è vero anche questo che dici.

Sì, perché lui si è costruito un deposito s-i-c-u-r-i-s-s-i-m-o con tanti sistemi di difesa e così non deve dare gli interessi alle banche.

Hai assolutamente ragione. Ora sono io che seguo te. E quindi?

E quindi, Zio Paperone e la Banca hanno interessi diversi: non possono collaborare. Ognuno vuole guadagnare. Con una differenza: che sino a che i soldi li tiene Zio Paperone la Banca non può guadagnarci niente. A meno che, la banca non voglia far guadagnare Zio Paperone. Ma non vedo in quale modo se poi fosse lei, la banca, a spendere i soldi di Zio Paperone!

Il tuo ragionamento non fa una grinza, figlio caro.
Sai in termine tecnico si potrebbe chiamare “conflitto di interessi”.
Cioè: o sei Zio Paperone o sei il Direttore della Banca. O lavori solo per Zio Paperone o Lavori solo per la Banca. Non può esistere una soluzione intermedia.

Intendi dire che il Sig. Arcuri possa allo stesso tempo essere Commissario per l’emergenza Coronavirus e Amministratore Delegato di In… Invitalia?
Intendi dire che per il Coronavirus lo Stato non dovrebbe affidarsi a una Joint Venture?

Tu l’hai detto: idealmente non dovrebbero esistere doppi incarichi a cavallo tra funzione pubblica e funzione privata, nessuna Joint Venture tra lo Stato e coloro che , di fatto, sono investitori privati.
L’imperativo dettato da questa emergenza planetaria è quello di salvare più vite umane possibili. Gli interessi economici, come scriveva il
“Lancet” del 7 marzo, una delle più importanti riviste scientifiche mediche al mondo, vengono dopo.

Sarebbe questo per caso, quello di cui mi parlavi prima: un “conflitto di interessi”?

Oh, lasciamo stare questo argomento del “conflitto di interessi”: quella è una vecchia storia mai risolta in questo paese e che, temo, mai si risolverà…

Capisco Babbo. Ma ora, ti vorrei fare una domanda un po’ triste. Se milioni di uomini dovessero morire a causa del Coronavirus: a che cosa serviranno le Banche?

Temo che serviranno ad acquistare a buon mercato gli ospedali del Mondo, soprattutto quelli pubblici, figlio mio.

Ho anche un’altra cosa da chiederti, Babbo.

Ma non sei ancora stanco?

Sono troppo curioso, scusami! (risatina).

Va bene, spara!

La parola ossimoro, Babbo. Avevi promesso di spiegarmela.

Giusto. Per ossimoro si intende l’accostamento di due concetti opposti.
Viene dall’antico greco, e questo lo potremmo chiedere a Gregorio, il nostro amico grecista, ma comunque deriva dall’associazione dei due aggettivi “acuto” e “ottuso”.
Per esempio come dire “silenzio assordante”… oppure… (viene subito interrotto dal bambino)

Ah, aspetta, ho capito: “stato mercato”!

Bravo!
In un certo senso sì. Soprattutto quando si tratta di salute. Nel nostro paese la salute è un bene pubblico tutelato dalla Costituzione Italiana: guai a chi le tocca, Salute e Costituzione!

La garanzia dell’accesso universale all’assistenza medica e alle cure per i cittadini è stata prima di tutto una conquista di civiltà: in Italia, e in Europa. E’ la nostra Costituzione che tutela la salute. Perché il mercato, tratterebbe questo “bene comune” da par suo, alla stregua di una merce: un oggetto vendibile o acquistabile.
In questo senso le due parole “Stato” e “Mercato” insieme suonano davvero come un ossimoro.
Così come a ogni cittadino chiamato a ricoprire una funzione pubblica, cioè a operare per l’interesse dello Stato, non dovrebbe mai essere consentito di mantenere incarichi e curare interessi per conto di terze parti.
Anche se l’articolo 1 del decreto di nomina di Arcuri (18 marzo) sancisce e “chiarisce” che questo incarico, “svolto a titolo gratuito, è compatibile con altri incarichi pubblici e privati”.

Scusa Babbo parli troppo difficile. Già questo articolo 1 non mi sembra tanto giusto.
Bastava dirmi in due parole che per essere un uomo dello stato, in un Paese Democatico, è necessario prima escludere qualsiasi conflitto di interessi.

Ora sei tu che parli difficile. Comunque ti meriti un bravo: tu lo hai detto meglio di me! (ridono insieme).
Gli antichi romani si sarebbero forse chiesti: “cui prodest?”
In italiano, si potrebbe dire “cui Prodist!” Ma questa battuta magari te la spiego un’altra volta…

Ora, un’ultima domanda però, Babbo, te la devo proprio fare!

Va bene, sentiamo. Che sia l’ultima ultima davvero, eh!

Promesso! Promesso! Chi è allora, Babbo, che pilota la nave? Chi è che tiene questo telecomando?

Bella domanda davvero. Magari lo chiediamo al Presidente della Repubblica… E adesso penso che sarà meglio andare a fare una partitina a calciobalilla, che ne pensi?

Siiiiiiì Babbo: ottima idea, andiamo!

Articolo 32 della Costituzione Italiana

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

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